Yanukovich “malato”, Mosca congela il prestito
30 gennaio 2014
Il presidente lascia Kiev per destinazione sconosciuta. Il governo russo smentisce Putin blocca il prestito di 15 miliardi di dollari “finché non si chiarisce come verrà usato” (e da chi)
Tira una brutta aria per il presidente ucraino – tanto da farlo ammalare e sparire da Kiev per una località imprecisata. Pressione alta, febbre, ecc., così recita il bollettino medico rilasciato stamattina. Può darsi naturalmente che la salute del presidente sia davvero compromessa, ma certo la sua sparizione dalla scena pubblica ucraina cooincide con una serie di problemi tutt’altro che sanitari. Andiamo per ordine.
1) i manifestanti in piazza – e i loro rappresentanti politici – hanno rifiutato le condizioni poste dal parlamento per il varo dell’amnistia che dovrebbe mettere in libertà tutti gli arrestati delle settimane scorse. Tali condizioni erano essenzialmente due, lo sgombero degli edifici occupati e lo smantellamento del “campo” nel centro di Kiev, entrambe rifiutate seccamente. In sostanza l’opposizione, sia nella sua ala “dialogante” sia in quella più radicale (che nei giorni scorsi si sono affrontate con violenza in più di un’occasione) sembra decisa ormai ad andare fino in fondo e a centrare il bersaglio grosso, cioè un completo cambio di regime, presidente compreso.
2) la Russia mostra di ripensare al generoso prestito concesso all’Ucraina in dicembre, 15 miliardi di dollari più uno sconto di quasi il 50 per cento sul prezzo del gas. Due giorni fa Putin aveva detto che il prestito sarebbe stato onorato anche nel caso di un cambiamento di regime a Kiev, ma ieri il governo russo (cioè il premier Dmitry Medvedev, che ha fatto risentire la propria voce dopo un lungo quasi-silenzio) ha detto che non se ne parla finché non sia chiaro in che modo l’Ucraina userà quei soldi (sottinteso: e chi sarà a usarli). Putin, presente, ha abbozzato affermando che la posizione del governo “è ragionevole”. Il tutto potrebbe esser visto come una pressione su Kiev perché la situazione venga normalizzata con le buone o con le cattive, ma potrebbe anche suonare come un tirare i remi in barca e lasciare Yanukovich al suo destino, poi si vedrà.
3) giungono segnali non molto rassicuranti dalla periferia del paese: nell’ovest iper-nazionalista ormai domina un furore anti-regime che fa temere una secessione, con diversi parlamenti regionali che si sono messi a legiferare per conto proprio e in alcuni casi hanno messo fuori legge il partito di governo e i suoi alleati comunisti; nell’est tradizionalmente pro-russo e sempre considerato una roccaforte personale del presidente ci sono state parecchie manifestazioni di protesta, in alcuni casi anche violente, e la situazione non pare per nulla rassicurante per il regime.
4) l’Europa comunitaria non mostra la sperata capacità di mediazione. Le ripetute e inconcludenti visite a Kiev di esponenti Ue non aprono nessuno spiraglio d’uscita per Yanukovich (che vorrebbe soldi e incoraggiamenti) e in compenso aumentano la convinzione di chi sta in piazza di essere sulla strada buona per vincere. Il tutto, nonostante l’evidente riluttanza della maggior parte della Ue nel sostenere una rivolta che poi l’Unione si ritroverebbe “in casa” se si arrivasse a un cambio di regime. Alcuni governi però, come quello polacco e quello lituano, insistono per “non abbandonare il popolo ucraino” e chiedono una linea più decisa contro il regime di Kiev.
5) gli Stati uniti in compenso hanno imboccato la via delle sanzioni contro il regime e alcuni dei suoi esponenti (quelli ritenuti più coinvolti nella repressione delle settimane scorse), con un pacchetto di misure messo a punto da alcuni esponenti del Congresso. Finora la posizione ufficiale americana era stata abbastanza moderata, con una telefonata del vicepresidente Joe Biden a Yanukovich nei giorni scorsi per esortarlo a non usare le maniere forti contro l’opposizione; ma nel Congresso prevale invece una visione più “militante” e interventista, al punto che già due senatori – il repubblicano McCain e il democratico Murphy – si sono recati a Kiev e hanno parlato direttamente alla folla dei manifestanti anti-regime.