Berezovsky a Londra
Gli esperti britannici hanno subito escluso che in questo oscuro affare ci sia di mezzo qualcosa di eccezionale – in sostanza che Boris Abramovic Berezovsky sia stato ucciso da misteriose armi nucleari, chimiche o batteriologiche. La sua casa, dove è morto ieri, è stata passata al setaccio e definita “pulita” dalla squadra dei tecnici inviati a controllarla. E questo ci consola, perché allontana il pensiero che mostruose e micidiali sostanze siano in giro intorno a noi, nelle mani di oscuri killer venuti dal buio. Ma la rassicurazione degli esperti non toglie comunque niente al mistero che circonda la morte dell’ex magnate russo nella sua casa fuori Londra. Morte per cause naturali, suicidio o omicidio?
Si trattasse di un signor X qualsiasi, non ci sarebbero dubbi. Un uomo di 67 anni, malato e già passato negli ultimi mesi attraverso ripetuti attacchi cardiaci, che muore da solo nel bagno di casa sua e che non sembra presentare sul corpo lesioni traumatiche di nessun tipo: chi andrebbe a pensare a cose strane? Un infarto o un ictus, via, e riposi in pace.
Ma Boris Berezovsky non era un signor X qualsiasi: era un personaggio importante, con un passato estremamente tumultuoso, passato attraverso una quantità di ruoli e di prove che pochi al mondo possono dire di aver vissuto, da ricercatore dell’Accademia delle scienze a mercante disinvolto, da boss criminale a uomo più influente della Russia; da avventuriero a padrone dei destini di un enorme Paese, da “facitore di re” e burattinaio di presidenti a esule perseguitato, coinvolto in ogni trama e ogni intrigo di una sceneggiatura – quella della Russia post-sovietica – che di trame e intrighi in questi ultimi vent’anni ne ha offerti a volontà. Un personaggio caduto negli ultimi tempi molto in basso: in grave difficoltà finanziaria per una serie di scommesse troppo azzardate lanciate e perdute, in grave difficoltà politica per essersi troppo esposto e troppo fidato della protezione e benevolenza del Regno Unito, dove si era rifugiato negli ultimi anni per proseguire la sua sfida a Vladimir Putin.
L’assurda causa da lui intentata contro il super-oligarca Roman Abramovic, malamente perduta l’estate scorsa davanti a un tribunale britannico e trasformatasi per lui in un disastro finanziario con la condanna a pagare oltre 35 milioni di sterline, è stata forse la sua sconfitta più grave e invalidante: più delle condanne penali inflittegli dai tribunali russi in contumacia, più degli attentati degli anni ’90 da cui è uscito vivo per miracolo. Dicono che ormai avesse perso praticamente tutto il suo patrimonio e dovesse chiedere piccoli prestiti agli amici: qualcosa che per un uomo con il suo passato doveva essere il massimo dell’umiliazione. Se è vero che negli ultimi giorni aveva confidato ad alcuni amici e anche a un giornalista venuto a intervistarlo che la sua vita “non aveva più senso”, potrebbe essere credibile l’ipotesi di un suicidio.
Eppure anche questo non basta a chiudere la vicenda con tranquillità. Perché Boris Berezovsky non era di quegli uomini che a un certo punto mollano – o quantomeno non dava l’idea di esserlo. Si era già trovato varie volte nei guai, ogni volta resuscitando in un modo o nell’altro. E il suo coinvolgimento (a vario titolo, volta a volta come vittima, testimone, o presunto colpevole) in una serie di delitti e di fatti sanguinosi – il più famoso ora è il misterioso assassinio a Londra nel 2006 del suo amico ex agente segreto Aleksandr Litvinenko, avvelenato con del polonio radioattivo nel tè, ma di vicende oscure nella vita dell’ex tycoon russo ce ne sono a dozzine – autorizza anche a pensare che la sua morte possa esser stata cercata e ottenuta in modo deliberato da potenti nemici.
Putin, da lui definito il suo massimo nemico e persecutore, con i potenti e sempre tenebrosi servizi segreti russi sono ovviamente i primi cui vien da pensare se si parla di omicidio, ma è un riflesso condizionato dai media e del tutto privo di riscontri: in realtà nell’elenco dei nemici ci sono anche i rivali in affari, c’è la mafia georgiana con cui ha avuto a che fare all’inizio della sua carriera, e c’è quella cecena: non dimentichiamo che il nostro Berezovsky ha sempre avuto un ruolo importante di mediatore e manovratore nei rapporti tra la guerriglia cecena e il mondo esterno, era molto amico di un leader ceceno degli anni ’90 riparato a Londra, Akhmed Zakayev, e feroce nemico del boss ceceno di oggi, Ramzan Kadyrov. Né va dimenticato che Berezovsky, ebreo russo con la doppia cittadinanza russa e israeliana, è stato anche una importante pedina della diplomazia segreta dei governi di Israele e potrebbe quindi anche essere finito nel mirino di altre organizzazioni e altre mafie. Ormai lo sanno tutti che dietro le facciate rispettabili dei palazzi di Chelsea e delle magioni della Thames Valley si muovo moltissimi interessi oscuri e moltissime organizzazioni che di limpido hanno ben poco.
Resta dunque almeno per adesso un necessario mistero sulla fine improvvisa di Berezovsky. In attesa che un’autopsia faccia chiarezza (ma il dubbio resterà sempre), questo stesso mistero varrà comunque da tributo a un personaggio straordinario, uno di quei “principi oscuri” che nel bene e nel male segnano la storia di un Paese e, pur sconfitti, difficilmente finiscono nel dimenticatoio.
(pubblicato su Globalist il 24 marzo 2013)